Con le giornate finalmente messe al bello, cosa c'è di meglio che una passeggiata nella campagna che esplode di colori e profumi dopo il lungo inverno?
Nei pressi di Trieste, poco al di là del confine con la Slovenia, c'è un angolo di campagna dove il tempo sembra essersi fermato ad un paio di secoli orsono: in un remoto lembo verde dell'alto bacino torrentizio del Risano, giace l'agreste villaggio di Hrastovlje (in Italiano Cristoglie, l'antica Cristogliano) il cui nome deriva da hrast (quercia) e oglje (carbone).
Arrivarci non è semplice: dall'Italia si passa il confine di Rabuiese con l'autostrada A1 e si esce a Crni Kal dove si prosegue fino all'incrocio con la strada 208, da qui in direzione Buzet (Pinguente) fino ad trovare le indicazioni per la nostra meta.
Appena giunti in questo luogo, piuttosto intimo e isolato, si resta stupiti per la pace ed il silenzio che vi regna. Il paese è posto sotto le pendici settentrionali del monte Chiusa (m. 299), sede di un castelliere preistorico. Cristoglie è costituita da poche case rurali, costruite in masegno grigio tipico del territorio con particolari interessanti come porticati e portali, immerse in una campagna ben coltivata e zona di produzione di un ottimo moscato.
Il villaggio, nel 1208, fu donato dall'Imperatore di Germania, Corrado II il Salico, ai Patriarchi di Aquileia e fu infeudato nel XII secolo ai Vescovi di Trieste i quali lo passarono successivamente ai Neuhaus (una famiglia feudataria tedesca di basso rango) che lo mantennero nel XV e XVI secolo, anche dopo che Cristoglie passò alla Repubblica di Venezia con il trattato di Trento del 1535.
Una lapide con scritta latina, posta sopra il portale d'ingresso al tabor, ricorda che nel 1581 la villa di Cristoglie fu venduta dai Neuhaus all'illustre medico capodistriano di origine padovana Alessandro Zarotti. Durante la guerra fra Austriaci e Veneti del 1615, il veneziano Marco Loredan, provveditore della regione, fece presidiare il paese dalle Cernide (milizie paesane) per contenere gli assalti degli arciducali e degli Uscocchi loro alleati.
Come scrivevo prima, il paese si raccoglie alle pendici di un rialzo calcareo che spunta dall'arenaria del fondovalle ed è proprio quassù che troviamo la cosa di maggior pregio: l'antico castello, tipica fortezza del primo medioevo con la chiesa racchiusa da una cinta muraria quadrilatera di 32 m. di lunghezza e 16 m. di larghezza.
In realtà non si tratta di un vero e proprio castello ma il fascino che queste antiche pietre sanno sprigionare è di una suggestione unica.
Risale alla fine del XVI secolo, a pianta irregolare con due torri agli angoli opposti che fungevano da vedette contro le scorrerie turche. Il castello fu fatto costruire dalla famiglia Neuhaus sul sito di un antico cumulo preistorico e quasi certamente fu usato lo stesso materiale lapideo già sistemato a cono.
Lasciata la macchina, percorriamo il corto tratto di strada in salita che porta al sito.
La mole della cinta difensiva che racchiude la chiesa si leva severa e le murature sono in buono stato. in breve siamo davanti all'entrata ad arco a tutto sesto con cancellata in ferro battuto e le mensole in pietra su cui scorreva il camminamento di ronda; un tempo questa porta era dotata di un ponte levatoio.
Il tabor di Cristoglie, in pietra calcarea, era stato costruito per offrire rifugio alle popolazioni in caso di pericolo. E' fornito di feritoie che si aprono sulle pareti delle torri. Da un antico documento ecclesiastico sappiamo che le mura erano poligonali e circondate da un fossato con due accessi: la Porta Antica e la Porta Nuova.
Noi troviamo la cancellata aperta
ma se dovesse essere chiusa potete telefonare al cell. 0038631432231 (parlano anche Italiano) e dopo pochi minuti qualcuno dal paese salirà alla fortezza per aprirvi e farvi da guida. In ogni caso sul cancello ci sono tutte le indicazioni necessarie.
Noi accediamo all'interno dell'antico recinto
al centro del quale possiamo ammirare le semplici forme della chiesa che è stata costruita su un edificio preesistente, probabilmente del XIII secolo; sull'architrave notiamo la data del 1776, anno in cui venne portato a termine un restauro.
La chiesa ha il campanile cuspidato.
Questo luogo di culto, voluto dalla Curia vescovile di Capodistria, è dedicato alla SS. Trinità. E' in stile romanico-gotico e fu consacrato nel 1475. Per accedere al luogo sacro occorre pagare un ticket di un paio di Euro. All'interno restiamo stupiti per i toni accesi con i quali sono state affrescate le sue pareti. Due file di quattro colonne senza capitello la dividono in tre navate con soffitto a botte;
l'altare maggiore barocco, in marmo, è dedicato a S. Marco.
Ma la nostra attenzione viene rapita, come scrivevo prima, dalle pareti totalmente affrescate e che riportano scene diverse: la più celebre è quella della "Danza della Morte" o "Danza Macabra", sul lato sud, che esprime in modo esemplare il senso di uguaglianza di tutti gli uomini di fronte alla morte e alla sua ineluttabilità nel rendere giustizia a tutti in egual misura.
Rispetto alle altre "Danze della Morte" presenti in Italia, Francia e Germania, questa ha alcune particolarità: ha un andamento da destra a sinistra e gli scheletri anziché ballare sembra che sfilino in direzione di un altro scheletro seduto in cattedra che tiene apero il coperchio di una tomba nella quale sono destinati ad entrare tutti gli undici personaggi ritratti, ciascuno alternato ad uno scheletro: il papa, il re, la regina, il cardinale, il vescovo, il monaco, il borghese, l'usuraio, il giovane, lo storpio e, infine, un bambino.
La parete ad ovest si apre con, a sinistra, il "Tradimento di Giuda" mentre a destra si sviluppano le scene di "Gesù davanti a Ponzio Pilato" e la "Flagellazione". Ancora sulla fascia superiore "Gesù incoronato di spine", la "Consegna della Croce", la "Crocifissione" e la "Deposizione". Sulla parete sud, oltre alla "Danza della Morte" ci sono le scene conclusive della "Passione" e sulla parete a nord la "Natività". La parete meridionale della volta è dedicata ai primi sei giorni della creazione; sulla parte meridionale osserviamo, a sinistra, la rappresentazione del settimo giorno, poi poi ciclo di "Adamo ed Eva" dalla raccolta del frutto proibito all'uccisione di Abele da parte di Caino. Interessanti le parti che illustrano i mesi dell'anno ed i relativi lavori agricoli della provincia istriana nel medioevo.
La tecnica con la quale sono state eseguite queste decorazioni denota un'arte molto semplice, con approssimazione delle proporzioni e dei piani prospettici; comunque, nell'insieme, gli affreschi sprigionano grazia espressiva resa con notevole bravura e realismo, favorita anche dall'uso di tinte brillanti.
Ad eseguire gli affreschi fu Giovanni da Castua, su committenza dei Neuhaus, ed il lavoro fu portato a termine nel 1490. Questi affreschi sono stati scoperti nel 1949 quando lo scultore Joze Pohlen venne incaricato di eseguire alcuni interventi sulla chiesa e quasi per caso trovò sotto uno spesso strato di calce alcune tracce di affreschi.
Da allora l'Istituto per la tutela dei monumenti di Lubiana avviò la lenta e faticosa opera di pulizia che fece riemergere uno dei più impressionanti ed inquietanti cicli di affreschi dell'intera Europa.
Una visita a questo gioello e irrinunciabile; quest'opera infatti segna un momento di sintesi delle varie componenti culturali e figurative presenti in Istria nel tardo Medioevo.
Tutto l'insieme, mura, castello, chiesa e paese formano uno straordinario ambiente medievale ed è indubbio che Cristoglie va annoverata fra i monumenti più interessanti dell'Istria.
Un caro saluto.